Il termine Quality Assurance (QA) è spesso evocato come una parola chiave, ma raramente viene realmente compreso nella sua portata più ampia. Per molti, infatti, QA si riduce al semplice ‘trovare bug’ o all’esecuzione di test per vedere se qualcosa funziona. Ma in realtà, è molto di più: è un approccio strategico, trasversale e culturale che punta a garantire che il prodotto finale sia coerente con le aspettative degli utenti e con gli obiettivi del business.

Una delle confusioni più comuni è quella tra QA e testing.

Il testing è senza dubbio uno strumento fondamentale: attraverso test manuali o automatici, permette di verificare che il codice funzioni secondo le specifiche, che non ci siano errori evidenti e che l’esperienza utente sia fluida. Ma fermarsi qui significa limitare enormemente la visione.

QA, infatti, non si occupa solo di verificare a posteriori, ma di prevenire; è un insieme di pratiche, metodi e mentalità che mirano a evitare che certi problemi si presentino sin dalle prime fasi di ideazione e progettazione.

Pensiamo alla costruzione di un ponte.

Fare testing equivale a controllare che le travi e il cemento reggano il peso previsto. QA, invece, è il lavoro di progettazione del ponte: scegliere i materiali adeguati, stabilire i carichi di sicurezza, valutare i rischi e assicurarsi che, anche in condizioni avverse, la struttura regga. QA non entra in gioco solo quando il ponte è già in piedi, ma inizia a lavorare ancora prima che venga tracciata la prima linea del progetto.

Una delle sfide più complesse legate alla QA è stabilire chi ne sia responsabile. Non esiste una risposta unica: molto dipende dalla fase di crescita del prodotto e dalla struttura del team.

In una startup o in un team molto piccolo, spesso sono gli stessi sviluppatori ad occuparsene, magari con l’aiuto di un project manager. In questi casi si fa molto affidamento su test manuali, esplorativi e su una comprensione profonda dei flussi più critici per l’utente.

Quando un prodotto inizia a crescere e a scalare però, entra in scena l’automazione: test end-to-end, test di regressione e strumenti CI/CD diventano fondamentali. È a questo punto che spesso si valuta l’introduzione di figure dedicate alla QA.

Nelle aziende più mature, infine, la QA diventa un dipartimento strutturato, con ruoli specializzati che lavorano a stretto contatto con sviluppatori, designer, product manager e stakeholder. In quest’ottica, la QA viene completamente integrata nel ciclo DevOps, partecipando attivamente ad ogni fase dello sviluppo.

C’è però un argomento che ritorna spesso quando si parla di QA: è che costa troppo. Ed in parte è vero.

Alcune pratiche di QA richiedono tempo, risorse e competenze specifiche. I test end-to-end, per esempio, sono notoriamente lenti da scrivere, da eseguire e da mantenere. Tuttavia, come per ogni investimento, il valore va misurato nel lungo periodo.

Un bug critico scoperto in produzione può avere un impatto devastante in termini di costi, immagine e fiducia dell’utente. Evitarlo prima che accada è, in definitiva, molto più conveniente.

La chiave per rendere la QA sostenibile sta nel trovare il giusto equilibrio: automatizzare ciò che è ripetitivo e facilmente riproducibile, concentrarsi sui flussi più utilizzati dagli utenti e, soprattutto, accettare che non tutto può essere coperto al cento per cento.

Il perfezionismo in QA non è solo inefficiente, ma rischia di rallentare il ciclo di sviluppo senza portare reali benefici. Meglio puntare su una copertura intelligente, iterare spesso e restare flessibili.

Attenzione però! La QA non è una fase, è una cultura.

Non si tratta di un’attività da svolgere a fine sviluppo, né di un ruolo da delegare a un singolo team.

È una mentalità che deve permeare ogni parte del processo, dalla scrittura delle specifiche all’ideazione dell’interfaccia, dalla scelta delle tecnologie all’analisi dei feedback degli utenti.

Questo significa collaborazione trasversale tra tutti i membri del team: PM, designer, sviluppatori e QA specialist. Significa agire in modo preventivo, identificando i rischi prima ancora che diventino problemi. E significa adattarsi costantemente, evolvendo insieme al prodotto e alle esigenze del mercato.

Investire in QA non significa solo costruire software più affidabili: vuol dire proteggere la reputazione del proprio brand, ridurre i costi futuri di manutenzione, aumentare la fiducia degli utenti e migliorare l’esperienza complessiva. In un mercato competitivo come quello attuale, la qualità non è più un lusso: è un prerequisito.

Una strategia di QA ben pensata non è un orpello tecnico, ma una leva fondamentale per la crescita del prodotto.

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